Coltivare marijuana per uso personale? Si può fare, lo dice la Cassazione

Nessuno si aspettava una svolta simile e, soprattutto, a così poco tempo di distanza dalla pronuncia di maggio 2019 della stessa Corte che vietava in ogni caso la coltivazione di piante di cannabis. A dicembre, la Cassazione ha cambiato rotta, pur partendo dallo stesso principio di base.

Ribadendo, infatti, che la vendita e commercializzazione di cannabis con THC superiore allo 0,6% è illegale, gli ermellini hanno sviluppato logicamente questo assunto, giungendo alla differente conclusione che se invece determinati indici lasciano presumere l’uso personale, la condotta non può essere penalmente rilevante.

A questa novità giurisprudenziale si aggiunge un recente Decreto del Ministero della Salute, che ha aperto anche all’utilizzo ad uso alimentare dei derivati della marijuana, nel rispetto dei limiti di concentrazione di THC previsti nel decreto stesso.

Buone notizie per i growshop e per i siti web di vendita online di semi di cannabis da collezione come Sensoryseeds.it che possono tirare un sospiro di sollievo dopo che la precedente sentenza aveva messo a rischio molte attività. 

Le due sentenze a confronto

Come anticipato, i giudici, in entrambi i casi partono dal fine della tutela del bene della salute pubblica, vietando tassativamente la vendita e detenzione a scopo di commercializzazione della marijuana con THC superiore a 0,6%, che va contro la legge penale italiana e quella europea sulla coltivazione della canapa.

Nella sentenza di maggio, per evitare il rischio della commissione di questo reato, la soluzione della Corte era stata quella di considerare la coltivazione di piante di marijuana come una condotta che poteva potenzialmente portare alla commercializzazione delle infiorescenze. In questo modo, il solo fatto di possedere una pianta che corrispondesse al tipo botanico della cannabis, pianta dalla quale può ricavarsi la sostanza stupefacente, veniva censurato.

La più recente sentenza, al contrario, non si concentra sulla potenziale offensività, del possibile pericolo che possa derivare della condotta di coltivazione della cannabis, che automaticamente porta ad un divieto totale dell’attività, ma mira ad accertare in concreto la lesività dell’attività di coltivazione della pianta di cannabis per la salute pubblica.

In questo senso, logicamente, considera in maniera differente situazioni che hanno un grado di offensività diversa. Nel caso in cui le condizioni di coltivazione siano tali da far presumere un uso personale si può escludere, salvo prova contraria, la vendita e detenzione a scopo di commercializzazione della sostanza stupefacente. Al contrario se si rinviene una professionalità, un’organizzazione e una produzione consistente, la condotta sarà punita penalmente, in quanto sembra presumersi la commercializzazione del prodotto.

Da cosa si capisce l’uso personale?

La Cassazione non ha lasciato alla completa discrezionalità delle corti l’accertamento delle condizioni da cui presumere l’uso personale della coltivazione della pianta di cannabis. Ha invece fornito una serie di indici presuntivi, tali per cui, qualora siano tutti presenti, la coltivazione deve essere considerata legale, sempre salvo prova contraria. In particolare, non è punibile penalmente la condotta di chi coltivi piante di cannabis se:

– l’attività di coltivazione è di modeste dimensioni;

– è svolte in forma domestica;

– le tecniche utilizzate sono rudimentali;

– le piante non sono numerose;

– la quantità di prodotto ricavabile è minima, e

mancano ulteriori indici da cui dedurre un loro inserimento nel mercato degli stupefacenti.

Si tratta, come detto innanzi, di circostanze da valutare caso per caso, in linea con l’ottica più realistica e concreta della Suprema Corte nella sua pronuncia di dicembre.

Che effetti e significati hanno queste misure?

La sentenza della Cassazione ha, indubbiamente, un effetto diretto ed immediato su quella categoria che era stata fortemente penalizzata da quella di maggio 2019 e che per questo avevano fatto sentire la propria voce per cercare di difendere non solo i propri affari, ma soprattutto i posti di lavoro che rischiavano di perdersi, cioè i growshop e i siti web di vendita online di semi di cannabis.

In secondo luogo, i giudici hanno preso atto di una realtà in veloce espansione, il mercato agricolo italiano di produzione di questa pianta è infatti cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi anni ed è un dato ormai non più trascurabile.

Prendendo in considerazione anche il decreto ministeriale, poi, sembra potersi affermare che il legislatore e i giudici italiani, fino ad ora piuttosto conservatori ed intransigenti su questo punto, hanno dimostrato di voler approcciarsi al mondo della cannabis con un rinnovato spirito.

Da divieti totali si è passati a permettere l’uso anche a fini a limentari di cannabis e suoi derivati, ponendo dei limiti di concentrazione di THC tassativi. Questo significa, seguendo un ragionamento a contrario, che si è riconosciuta l’inoffensività dei prodotti con concentrazioni minori, che non nuociono alla salute e non creano dipendenza. Anzi, la scienza medica sta sperimentando e constatando i variegati effetti positivi di questi per la salute dei pazienti.

Per quanto riguarda la concentrazione massima di THC, come anticipato per la marijuana è lo 0,6%, per gli oli estratti dai semi di cannabis lo 0,5%, per i semi e le farine ottenute dagli stessi lo 0,2%, lo stesso per gli integratori contenenti alimenti derivati dai semi.

Perché queste misure sono state accolte positivamente?

Da queste considerazioni si evince che si sta sviluppando un atteggiamento nei confronti della cannabis molto più aperto e onnicomprensivo, che tiene di conto delle moderne tecniche di produzione della pianta e delle ricerche, anche in ambito medico, che sono state fatte sulla pianta ed i suoi derivati.

In questa maniera è stato possibile riconoscere le proprietà benefiche della cannabis e, quindi, permettere al pubblico di sfruttarle. Per esempio, è stato comprovato perfino dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che il CBD, la seconda sostanza maggiormente presente nella marijuana, è efficace per trattare l’epilessia, oltre ad avere effetti positivi sulle infiammazioni, soprattutto della pelle e molti altri esempi potrebbero essere fatti. I semi, come i semi di cannabis di Sensoryseeds, sono ricercati per il loro effetto antiossidante, in quanto la particolare composizione delle proteine che lo compongono per il 25% facilita la rinnovazione delle cellule del nostro corpo.

Non solo, riuscendo a distinguere tra prodotti nocivi e quindi illegali e prodotti che, invece, hanno un potenziale effetto benefico e per questo non devono ricadere nell’ambito dell’illecito, si leva al mercato clandestino una grossa parte dei propri introiti, a favore di imprese che fanno della legalità e della sicurezza dei propri prodotti il proprio baluardo.

Se il bene giuridico tutelato dallo stato e dai giudici è quello della salute pubblica, questo, sicuramente, è il miglior modo. Un commercio regolato di beni controllati dalla produzione alla vendita è la maniera giusta garantire un prodotto di qualità, sicuro e assolutamente legale, senza alcun tipo di rischio.